LA PUREZZA NEI NON SPOSATI

Approfondimento alla Catechesi: “Essere casti è possibile?! Si, ed è anche necessario!” 

di Padre Raimondo Marchioro
(Francescano conventuale)

La purezza nei “non sposati”.
I non sposati, coloro cioè che non sono legati da alcun vincolo né sacerdotale, ne religioso, né matrimoniale (celibi o nubili), se vogliono essere buoni cristiani e fedeli seguaci di Nostro Signore Gesù Cristo devono osservare la castità, evitando qualsiasi specie di peccato impuro contro il sesto e il nono comandamento (leggi qui), rispettando anche la pudicizia e la temperanza, per premunirsi contro eventuali tentazioni.
Ai non sposati, così come ai vedovi, nulla è lecito di quanto è permesso agli sposati; ad essi, pertanto, è proibito ogni atto genitale umano che deve svolgersi solo nel quadro del matrimonio (cfr. “Persona humana”, n. 7).
Anche per i non sposati vale l’insegnamento di S. Paolo, dato ai vedovi, che non possono/vogliono vivere in continenza, che cioè scelgano le nozze: “E meglio sposarsi che ardere (nell’Inferno) (1Cor. 7,9).

Il peccato che più facilmente porta all’inferno è l’impurità. Anche Satana, durante un esorcismo, dovette ammettere: “Tutti quelli che sono là dentro, nessuno escluso, ci sono con questo peccato o anche solo per questo peccato”. Qualche volta, se costretto, anche il diavolo dice la verità! Gesù ci ha detto: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5, 8). Ciò significa che gli impuri non solo non vedranno Dio nell’altra vita, ma neanche in questa vita riescono a sentirne il fascino, per cui perdono il gusto della preghiera, pian piano perdono la fede anche senza accorgersene e… senza fede e senza preghiera non percepiscono più per quale motivo dovrebbero fare il bene e fuggire il male. Così ridotti, sono attratti da ogni peccato. Questo vizio indurisce il cuore e, senza una grazia speciale, trascina all’impenitenza finale e… all’inferno.